
La depressione è oggi una delle più diffuse malattie e secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità arriva ad interessare più di 300 milioni di persone nel mondo. Ogni anno circa 800.000 persone si tolgono la vita a causa di questa penosa condizione.
Sebbene sia una patologia ben nota, meno della metà dei depressi riceve un trattamento adeguato con conseguente possibile peggioramento, cronicizzazione, compromissione sociale e lavorativa.
Secondo l’European Study of the Epidemiology of Mental Disorders in Italia, la prevalenza della depressione nell’arco della vita è dell’11,2% (14,9% nelle donne e 7,2% negli uomini). Nelle persone ultra 65enni la depressione ha una prevalenza pari al 4.5% e tra le persone istituzionalizzate di questa età può arrivare fino al 40%. Numerose indagini epidemiologiche indicano anche che il 2% dei bambini e il 4% degli adolescenti ha in un anno un episodio di depressione che dura almeno 2 settimane.
In Italia circa 1,5 milioni di persone soffrono di depressione mentre il 12% della popolazione italiana (più di 7 milioni) ne ha sofferto, nel corso della vita, almeno una volta.
Bisogna poi anche considerare che la depressione è fonte di sofferenza, oltre per chi ne è affetto, anche per i familiari e le persone vicine, aumentando ancora di più l’estensione del problema e del disagio.
Le statistiche dicono che, se una persona ha avuto un episodio depressivo, nel 50% dei casi ne avrà un altro nell’arco della sua vita. Se ne ha avuti due, la probabilità che ne abbia un terzo sale al 75%. La percentuale raggiunge il 90% se la persona ne ha avuti tre.
La sempre maggiore diffusione di casi di depressione può indurre alla riflessione su quali siano le ragioni sottostanti. Queste possono essere complesse e dovute a differenti fattori. Per esempio possono intervenire cambiamenti di tipo psico-socio-culturali, con modificazioni nelle aspettative sociali, aumento delle richieste lavorative, differenti immagini ideali di riferimento, crisi e cambiamenti di valori, ecc... Possono esservi modificazioni di tipo neurobiologico dovute a vari fattori come alimentazione, inquinamento, stress, fattori genetici o epigenetici. Oppure ancora vi possono essere modificazioni culturali nella visione della malattia psichica, per cui a volte la depressione viene accentuata ed esibita, strumentalizzata o manipolata.
Altro fattore può anche essere un affinamento delle abilità diagnostiche, per cui casi che un tempo non venivano riconosciuti o a cui veniva data una diagnosi diversa oggi vengono più correttamente identificate, aumentando l’incidenza globale del disturbo.
Probabilmente tutte queste cause vengono a confluire tra loro, contribuendo in modo variabile, e determinando il complessivo incremento della depressione nella nostra società.
Vi è poi da considerare che la depressione nelle sue forme patologiche è diversa dalle normali variazioni dell’umore nella vita quotidiana. Essa ha caratteristiche particolari che consentono di identificare condizioni cliniche che richiedono trattamento e terapie specifiche. Ciononostante può essere utile pensare alla depressione come ad un dimensione che va da stati normali, come la tristezza e il carattere depressivo, alla depressione maggiore e a quella psicotica. Il concetto di dimensione è utile poiché consente di identificare alcuni comuni aspetti e manifestazioni psichiche che si modificano in modo quantitativo, configurando differenti quadri clinici. Questo in contrapposizione al concetto categoriale per cui le patologie psichiche e le diagnosi cliniche sono categorie bene distinte e indipendenti, senza continuità tra loro.
La dimensione depressiva è quindi un continuum in cui possono essere identificate differenti condizioni, di diversa gravità, che si associano o meno a determinati sintomi, che compromettono più o meno la vita sociale e lavorativa. In tale continuum posso esservi condizioni particolari che non devono essere intese come condizioni patologiche, come per esempio il sentimento di tristezza, il carattere depressivo o la depressione esistenziale.
Nel testo si cerca quindi di identificare ed indagare le varie forme di depressione più con intenzioni descrittive che diagnostiche o classificatorie. In questo senso è stata inserita anche la prospettiva del Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali DSM 5. Sebbene vi siano state numerose critiche nei confronti dell’impostazione diagnostica del DSM 5, in particolare da parte delle correnti di pensiero di tipo fenomenologico-esistenziali, credo che sia importante una revisione del senso del manuale. Esso deve essere infatti preso più come un riferimento descrittivo, analitico e clinico piuttosto che una guida ad etichette e categorie.
Se prendiamo a riferimento l’imperativo della fenomenologia dell’ “andare verso le cose stesse” come metodo di indagine, cioè sostituire ai simboli ed ai concetti astratti oggetti concreti ed immediati della conoscenza, l’analisi e la descrizione dei sintomi diviene un momento fondamentale. L’analisi del mondo compiuta dalla Fenomenologia serve infatti a mettere in luce i fondamenti e le modalità di costruzione degli oggetti, e nel nostro caso la vita psichica, in modo da dare un terreno più solido a tutte le scienze che al mondo oggettivo fanno riferimento. La fenomenologica si pone come compito fondamentale l’individuare e precisare le connessioni che esistono fra i diversi saperi e aspetti dell’esperienza umana, facendo cadere ogni barriera fra i diversi campi della cultura. In questo senso abbiamo voluto considerare come complementari e sinergici campi quali la descrizione clinica sintomatologica, aspetti biologici e farmacologici, teorie psicologiche e visioni filosofiche.
Solo dalla confluenza di più saperi possiamo meglio avvicinarci all’essenza delle cose. La vita psichica è una delle più complesse realtà della nostra esistenza proprio per il fatto che rende possibile l’indagine sulla stessa realtà, con tutti i limiti e le conseguenze che ne derivano.
In questo senso ritengo che debbano convivere e collaborare approcci di diverso tipo per consentire una visione il più completa possibile. Uno stato psichico come la depressione è una condizione interiore che può aprire a vari tipi di riflessione sulla struttura ed essenza della nostra mente. Essa è allo stesso tempo qualcosa di spirituale e qualcosa di materiale, coinvolge contemporaneamente anima e cervello.
Per fronteggiare la sofferenza psichica non può essere trascurato alcuno strumento, anche se di certo è necessaria una visione il più ampia possibile che consenta di decidere in modo equilibrato il giusto intervento. La conoscenza dei segreti meccanismi della nostra mente deve essere quindi globale e comprendere elementi di tipo psicologico, filosofico, biologico, ma anche di tipo biochimico, farmacologico e neurochirugico. Comprendere l’essenza della depressione richiede che essa sia considerata da ogni punto di vista.
Il prof. Lodovico Berra è medico psichiatra, docente universitario di Neuroscienze e direttore della Scuola Italiana di Psicoterapia Esistenziale (SIPE). Ha scritto numerosi libri tra cui “Angoscia esistenziale. Teoria e clinica” ISFiPP edizioni, “La regola della vita. Il morire e l’angoscia di morte” ISFiPP edizioni e ha organizzato diversi eventi, tra cui il convegno “Le età della vita” Torino, 2019 e nel 2020 “Senso e gestione del conflitto”.ibera professione nel suo studio di Torino.